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La Formazione Dello Stato Moscovita
Nel XIII secolo della nostra era, cioè circa seicento anni fa, furono instaurati in Russia quegli ordinamenti che si usa chiamare feudali. In sostanza questo assetto sociale significò che tutta la terra, con tutta la sua popolazione, venne a trovarsi sotto la potestà di un piccolo pu- gno di militari, i quali, con i loro servi armati, dominavano sulle classi lavoratrici. Non si può dire, a rigore, che questi fossero dei proprietari terrieri, poiché a quei tempi la terra incolta e ancora coperta di boschi abbondava e di per sé non aveva prezzo. Ma tra i boschi e le paludi erano disseminati i villaggi di contadini-agricoltori nonché, in parte, di contadini-artigiani, dediti alla pesca, alla caccia e all'apicoltura. Dei prodotti di questi contadini si impadroniva la classe dominante dei militari, una riasse che tanto nell'Europa occidentale quanto in Russia si articolò in una serie di condizioni sociali diverse. La maggiore o minore importanza di questo o quel feudatario, o, per usare la terminologia russa, « boiaro» o « barin », dipendeva infatti dal numero dei villaggi conquistati. In Russia si distinguevano cosi i principi, i boiari e i « figli di boiari »; in Europa occidentale, dove i rapporti erano più complessi, vi erano i « duchi », i « conti », i « marchesi », i « baroni », ecc. Ma la sostanza era identica sia in Russia che nell'Europa occidentale. Di solito i feudatari più piccoli si sottomettevano a quelli più grandi. Perché? Perché nel mondo feudale tutto si reggeva sulla violenza, e i più deboli, persino se armati e forniti di servi ar- mati, potevano essere sempre attaccati all'improvviso da un vicino più forte e ridotti in servitù o, per lo meno, scacciati dalla propria tenuta. 
Quanto ai contadini, non li si poteva considerare in quel periodo come servi della gleba. Seicento anni fa la servitù della gleba non poteva ancora esistere in Russia, perché nelle campagne non esistevano rapporti « servili » d'una qualche stabilità. La terra, come si è detto, abbondava; gli agricoltori si spostavano tra boschi sconfinati, ne taglia- vano alcuni tratti, li bruciavano e cominciavano a coltivare. Quando la terra diventava sterile, si cambiava zona, e infatti a quel tempo la popolazione contadina della Russia si trasferiva di continuo da un posto all'altro. Molto raramente il nipote di un contadino moriva sulla terra dov'era nato il nonno, e non era infrequente che taluno cambiasse zona anche una decina di volte nella sua vita. La classe dominante, d'al- tra parte, non aveva alcun interesse a vincolare alla terra una popolazione cosi nobile. I contadini furono legati alla terra e ai proprietari molto tempo dopo, quando la terra cominciò a scarseggiare e comparve un'economia regolare, fondata dapprima sull'avvicendamento semplice e poi su quello triennale. 
Si è detto sopra che i feudatari non erano uguali tra loro. Non si deve tuttavia credere che uno di loro assumeva il comando e gli altri obbedivano. Se i piccoli feudatari temevano di essere depredati e condotti alla rovina da feudatari più grandi, questi ultimi, per affrotare gli altri grandi feudatari, dovevano far leva su un gran numero di feudatari dipendenti, che nell'Europa occidentale si chiamavano « vas- salli ». La dipendenza era pertanto reciproca, e la società feudale deve essere concepita come un insieme di uomini legati tra loro da un contratto. Il contenuto di tale contratto era sempre identico: i grandi feudatari promettevano ai piccoli difesa e protezione, mentre i piccoli feudatari si impegnavano a balzare a cavallo e a condurre con sé « uo- mini e armi », ogni volta che il grande feudatario l'avesse richiesto. Resta da aggiungere che ai servi armati (detti nell'antica Russia « posluziltsy ») venivano concesse terre, allo scopo di legarli saldamente al proprio signore. Dai servi armati venne cosi costituendosi, a poco a poco, una classe di piccoli feudatari, che furono in seguito detti proprietari terrieri (pomesciki) e da cui trasse origine la nobiltà. Si trattava, come si vede, di uomini d'arme, che non lavoravano, che non potevano e non volevano lavorare. In realtà, accanto all'izba essi avevano a volte un orto, un frutteto, ecc.; ma i prodotti venivano consumati in famiglia. Analogamente, i loro contadini non vendevano i prodotti del proprio lavoro, ma pagavano al barin un tributo in natura. Ogni famiglia contadina forniva, ad esempio, un montone, cinque forme di formaggio, un sacco di frumento, ecc. Cosi mediante le esazioni in natura, non si ottenevano soltanto i viveri ma anche i prodotti artigiani. Un fabbro pagava, per esempio, al barin il suo tributo in forma di asce fabbricava per lui e per i suoi servi spade, ecc. Il falegname costruiva per il barin l'izba, il conciatore gli procurava le pelli, il calzolaio gli faceva gli stivali. Ogni feudatario, anche se piccolo, cercava pertanto di servirsi solo della sua gente.
 I contatti con i villaggi vicini erano turbati dalle continue lotte feudali. I mercanti erano un fenomeno raro in quel mondo. Di solito non vendevano beni d'uso quotidiano, ma oggetti di lusso: sete pregiate, armi preziose, monili, vini e frutta d'oltremare, ecc. Il feudatario cercava di depredare questi rari ospiti. Alcuni lo facevano senza mezzi termini, aggredendo i mercanti con le armi in pugno; altri, in- vece, non volendo uccidere la gallina dalle uova d'oro, agivano con maggior cautela: istituivano nelle proprie tenute dei « pedaggi » (in antico russo « myt »), che facevano pagare a tutti i mercanti in transito. Dopo aver attraversato decine di tali possedimenti, — di cui pul- lulavano sia la Russia che l'Europa, — il mercante scopriva di non aver guadagnato niente. È chiaro che questi sistemi non potevano fa- vorire il commercio, e si capisce quindi perché il termine di « mytarstvo » (da « myt ») abbia cominciato a significare « tormento ». 
Tra i feudatari si svolgevano lotte continue, nel corso delle quali più forti annientavano i più deboli. In rari casi li eliminavano fisicamente, molto più spesso invece il grande feudatario costringeva i più piccoli a servirlo. Ma c'era sempre un feudatario ancora più grande desideroso di asservire tutto e tutti. Non di rado questo feudatario tro- vava un rivale ancora più forte. Cosi, a poco a poco, dal caos feudale venne emergendo qualcosa di omogeneo, si sviluppò la monarchia feudale. Dall'unificazione dei singoli feudatari attorno a un feudatario più grande sorsero i grandi Stati dell'Europa occidentale, il regno di Francia, per esempio. Cosi sorse anche lo Stato moscovita. 
Per quali motivi l'unificazione avvenne in Russia intorno alla cit- tà di Mosca? Sarebbe ingenuo dire che i principi moscoviti erano più intelligenti e valorosi di altri principi e, in genere, degli altri feudatari. Anzi, secondo il parere di tutti gli storici, erano uomini grigi e insignificanti. Ma, forse, proprio per questo motivo a loro andò meglio che agli altri. All'inizio del periodo di cui stiamo parlando i principi moscoviti erano tra i più piccoli e insignificanti, ma potevano avvalersi di una favorevole condizione geografica. Mosca era allora attraversata da due vie: luna, la più antica, conduceva da Smolensk al fiume Kljazma, da ovest a est. Sul Kljazma sorgeva Vladimir, che era la città più importante della Russia feudale. Tutte le merci dirette da ovest a Vladimir passavano quindi per Mosca. La seconda via commereiaio conduceva da nord a sud, da Novgorod, che era a quel tempo legata con l'Europa occidentale più strettamente di qualsiasi altraona della Russia, all'ex governatorato di Rjazan, che possedeva terre molto fertili e forniva cereali a Novgorod, che solo di rado riusciva a cavarsela col suo raccolto. Beninteso, in base ai criteri odierni quel movimento commerciale era molto esiguo (non si dimentichi che anche il commercio dell'Europa occidentale era in quell'epoca molto limitato: si pensi, ad esempio, che le merci trasportate annualmente dall'Italia in Germania attraverso il San Gottardo durante il medioevo potrebbero essere caricate oggi su due soli treni della ferrovia del San Gottardo), ma l'importante è nel fatto che per commerciare bisognava passare da Mosca e che pertanto i principi moscoviti potevano imporre ai mercanti i loro dazi, più di qualsiasi altro principe. In pari tempo, e in parte per lo stesso motivo, i tributi in natura pagati dai contadini erano molto alti perché la popolazione contadina attorno a Mosca era più densa che in altre zone. Non si dimentichi che il principato di Mosca, sito nel cuore della terra russa, offriva alla popolazione un riparo più sicuro dei territori periferici. D'altra parte, in quanto potevano contare su introiti ingenti, i principi moscoviti erano meno litigiosi e disposti alla guerra di altri feudatari, e quindi sulla loro terra i contadini si trasferivano volentieri. Cosi, sin dalla prima me- tà del secolo XIV i principi moscoviti furono soprannominati « Kalita ». che significa sacco di denaro. Tuttavia, pur essendo i più ricchi, essi non erano ancora i più forti. Ed anche questo tornava a loro vantaggio. Molto più forti di loro erano a quell'epoca i principi di Rjazan o quelli di Niznij Novgorod e in particolare quelli di Tver. Non si dimentichi tuttavia che questi principi, compreso quello di Mosca, erano allora dei semplici vassalli, dipendenti dal khan dei tatari. Il khan era molto sospettoso verso i principi russi e, ovviamente, tutti altro che disposto ad aiutare i più forti di loro, perché un principe forte avrebbe potuto pensare di disobbedire ai tatari e ribellarsi. Come fece il principe di Tver. Di qui la protezione offerta dai khan proprio ai principi moscoviti, che erano i più deboli e quindi per loro i più innocui. Il principe di Mosca diventò una specie di appaltatore capo dei khan. Fu incaricato di raccogliere i tributi per i tatari presso gli altri principi. In quanto più ricco, egli era ovviamente anche più fidato per l'esazione dei tributi. Il principe moscovita prestava inoltre denaro ai principi più poveri, e di tanto in tanto un principato passava nelle mani di Mosca non attraverso la conquista violenta, come accadeva di solito nel periodo feudale, ma con il semplice acquisto o come garanzia di un debito. Infine, l'apparente modestia dei principi moscoviti assicurò loro l'appoggio di un'altra forza: quello della Chiesa russa. 
La Chiesa ortodossa doveva in Russia la sua stessa esistenza ai principi. Si era costituita alla fine del X secolo, quando ricevette il battesimo il principe Vladimir, poi annoverato tra i santi in segno di gra- titudine. La Chiesa era in Russia un'istituzione soggetta ai principi. Dietro suggerimento del principe venivano nominati i vescovi, che lui stesso destituiva quando lo riteneva necessario. Era il principe a far costruire i monasteri dove si doveva pregare per lui e per la sua famiglia e che il principe considerava come suoi possedimenti. I soli rivali del principe nel governo della Chiesa erano i vece, cioè le assemblee delle grandi città commerciali; essi infatti nominavano e destituivano vescovi e metropoliti. 
L'invasione tatara aiutò molto la Chiesa ortodossa a liberarsi da questa soggezione al principe o al vece. È noto che i vece furono semplicemente soppressi dai tatari. Quanto ai principi, la Chiesa trovò sostegno presso una Corte molto più potente di quella di qualsiasi principe russo. I nostri metropoliti, dopo essersi trasferiti da Kiev a Vladimir sul Kljazma, stabilirono rapporti con i khan tatari e ricevettero da essi documenti d'investitura (jarlyki). In questi documenti il khan prometteva alla Chiesa agevolazioni d'ogni genere, s'impegnava a non esigere tributi, insediava il metropolita come unico giudice di tutto il clero, alla sola condizione che la Chiesa pregasse per il khan e per la sua famiglia. I khan erano, beninteso, degli infedeli, dapprima pagani e poi maomettani, ma il clero ortodosso non si turbò per questo. Ai khan conveniva che nelle chiese russe si pregasse per loro, in quanto sapevano di non poter governare con la sola violenza. Cercavano quindi di convincere i russi che Dio era con loro, che essi rap- presentavano quel potere nominato da Dio di cui si parlava nelle Sacre scritture. E i vescovi e i preti russi aiutarono i khan a raggiungere il loro obiettivo. 
Cosi, tra la Chiesa ortodossa e i khan infedeli si instaurò un'alleanza che doveva risultare molto più vantaggiosa per il clero che non per i tatari, poiché il dominio di questi ultimi fu alla fine abbattuto, mentre la Chiesa approfittò delle concessioni dei khan per rendersi autonoma dai principi russi. La reazione dei principi non tardò a manifestarsi: cosi, il principe di Tver, insorto contro i tatari, tentò di subordinare a sé la Chiesa. Il metropolita di Vladimir si alleò allora al pacifico, e apparentemente innocuo, principe di Mosca. Il metropolita Pétr trasferi la sua residenza a Mosca, che da quel momento diventò anche la capitale della Russia.
I principi moscoviti, poggiando sulla propria ricchezza, sui tatari e sulla Chiesa, si posero cosi, nel giro di un secolo, alla testa di tutti i principi russi. Già alla une del secolo XIV Semèn Ivanovic, figlio di Ivan Kalita, ricevette il soprannome di « superbo », e gli annali riferiscono che « nelle sue mani » si erano dati tutti i principi russi. Semèn Kalita diventò per cosi dire il sovrano di tutta la Russia. Na- turalmente, vero sovrano di tutta la Russia non fu Semèn, ma un suo pronipote, Ivan Vasilevic, alla fine del secolo XV. E tuttavia il riferimento degli annali a Semèn attesta come venisse considerato il principe di Mosca cento anni prima. 
Su quali condizioni economiche si fondò il mutamento che doveva da ultimo unificare i singoli possedimenti in un tutto organico? Non si può, evidentemente, parlare dell'alleanza di alcuni proprietari feudali con un proprietario fondiario ancora più grande; questo fatto deve aver avuto una causa economica. Se si esaminano più attentamente le trasformazioni che accompagnarono l'unificazione della Russia attorno a Mosca, si riesce anche a scorgere questa causa economica. Nel secolo XII (il primo accenno all'esistenza di Mosca risale al 1147) Mosca era un semplice possedimento del principe di Vladimir, Jurij Dolgorukij, un possedimento situato su un'altura tra i fiumi Neglinnaja e Moskva. Alla fine del XIV secolo, cioè duecento anni dopo, Mosca aveva già alcune decine di migliaia di abitanti. Due secoli più tardi, secondo la testimonianza di un viaggiatore inglese, Mosca era ormai « poco più grande di Londra », cioè una delle maggiori città europee e, ovviamente, la più grande della Russia. È evidente che l'esistenza stessa di questa città stava a significare che la Russia non era più suddivisa in una moltitudine di piccoli possedimenti feudali, poiché la vita di una città con alcune decine di migliaia di abitanti — i quali non potevano lavorare la terra, ma dovevano ricevere il grano dal di fuori — dipendeva interamente dal commercio del grano e di altri beni. Se queste materie prime non fossero affluite dai territori vicini, la popola- zione della città sarebbe morta di fame o avrebbe dovuto disperdersi. 
Come si era formata questa popolazione? Il problema non riguardava solo Mosca; anche Tver, Vladimir, Niznij, Rjazan e Jaroslavl erano già a quell'epoca città importanti. 
Tutti i grandi feudatari, come il principe di Mosca, o di Tver, o di Rjazan, avevano una loro Corte, che contava centinaia e forse migliaia di persone. I massimi funzionari della Corte principesca avevano a loro volta una propria Corte e vivevano ognuno nella sua tenuta. Inoltre, attorno alla Corte dei barin non si raccoglievano soltanto le persone di servizio, ma anche la plebe, gli abitanti del « posad », cioè del sobborgo sorto fuori delle mura cittadine. Gli uomini dei sob- borghi erano in prevalenza artigiani, cioè quegli artigiani rurali, che pian piano avevano cominciato a lavorare non soltanto per il proprio villaggio o per quelli vicini, ma per tutta la popolazione dei dintorni. I fabbri, sellai, sarti e calzolai più esperti si riunirono attorno alla Corte del barin più importante, dove trovavano i clienti migliori e potevano guadagnare di più. Ai servizi di questi artigiani ricorrevano per lo più le masse dei piccoli feudatari — futuri grandi proprietari fondiari e nobili — che erano troppo poveri per possedere una Corte troppo numerosa, con gente preparata in ogni mestiere. Infine, anche i mercanti, che vendevano prodotti di lusso, si recavano pili volentieri presso le Corti dei principi più ricchi, dove concludevano affari più redditizi. Sin dal XIV secolo giunsero a Mosca i mercanti che avevano rapporti con l'Italia attraverso le colonie genovesi della Crimea. 
Accanto alla popolazione feudale, si venne conformando a Mosca una popolazione cittadina o — per usare la terminologia occidentale — borghese, composta di artigiani e commerciani. Mosca non rassomi- gliava più alla solita Corte di un feudatario. Era ormai una città nel vero senso della parola. Certo, una città medievale, tutta costruita in legno, con le stradine strette e sporche tanto da sembrare più un grosso borgo che una città e da motivare il noto detto secondo cui « Mosca è un grande villaggio ». Naturalmente, oltre a Mosca vi erano in Russia anche altre città. A quelle già menzionate è da aggiungere ora la città più grande dopo Mosca e, sul piano commerciale, anche più importante di Mosca: Novgorod sul Volchov. Con la lotta tra queste due città, Mosca e Novgorod, si concluse la formazione dello Stato moscovita. Mosca, dopo aver sconfitto Novgorod, diventò la vera capitale di tutta la Russia, e il suo principe il sovrano di tutti i principi russi.

Michail N. Pokrovskij, "Storia della Russia", Prefazione di Ernesto Ragionieri, Editori Riuniti, Roma, 1970
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